Emozioni a caldo e ricordi della mia breve esperienza verso Santiago de Compostela.
E’ passato qualche giorno da quando sono tornata da Santiago. Ci è voluto qualche giorno perché recuperassi la lucidità per scrivere di questa intensa ed emozionante esperienza. Breve e lo sottolineo, perché purtroppo mi è rimasta la sensazione di non avere concluso, che al mio percorso mancassero ancora delle tappe. E’ ironico perché prima di partire mi facevo tanti problemi perché gli altri avrebbero giudicato troppo breve il mio cammino, invece l’unica persona a rendersi conto che non era abbastanza sono stata io! Avrei avuto bisogno di più tempo per vedere fino a che punto potevo spingermi, quale era il mio limite. Più tempo per andare più a fondo di quei sentimenti che cominciavano ad emergere, nel bene e nel male. Più tempo per riuscire finalmente ad organizzare decentemente lo zaino e non svegliare tutti in camerata ogni mattina quando mi alzavo!
Ma senza stare a guardare quello che è mancato meglio concentrarsi su quello che invece mi è stato regalato. Tornerò sul cammino e completerò la mia esperienza. Magari neanche tra molto tempo.
Quello che i miei giorni di cammino mi hanno dato è stata innanzi tutto la vicinanza di mia sorella. Sembra scontato ma non lo è. In effetti non ci siamo mai prese un momento per fare qualcosa insieme ma da sole e il cammino e i giorni successivi sono stati il nostro spazio fuori dal tempo e fuori dal mondo per essere finalmente insieme. Ed è stata una sorpresa scoprire la sintonia che c’è stata tra noi. Le nostre risate hanno riecheggiato forti nei boschi della Galizia, i nostri selfie di prima mattina con le facce ancora gonfie dal sonno, le nostre mille pause banana, zumo de naranja, caffè, le nostre enormi birre di fine tappa e le chiacchere la sera prima di andare a dormire. E il farsi coraggio a vicenda quando una delle due era troppo stanca e la tappa non finiva mai. Quegli ultimi maledetti chilometri, di solito in salita, di solito con il caldo, qualche volta senza acqua. Gli splendidi tramonti sul mare, mangiando e bevendo schifezze. E il suo avermi consolata quel giorno in cui ero così triste. Non sarò mai abbastanza grata per ogni momento passato insieme.

Arrivate a destinazione, sulla spiaggia di Finisterre.
Si è dimostrata incredibilmente forte, senza mai un acciacco o una vescica, nonostante il suo percorso sia stato ben più lungo del mio. E io ho tentato di fare altrettanto, anche se una vescica l’ho portata a casa e qualche acciacco c’è stato, ma molto meno del previsto. Abbiamo scoperto di avere una fibra forte ma soprattutto un morale difficile da abbattere.

Pausa sfinimento, con ciliege e Aquarius presso un punto di ristoro.
Io ho scoperto di avere una incredibile energia, al di là della forza muscolare o dei piedi buoni, quella che mi faceva alzare la mattina quasi sempre prima degli altri e non vedere l’ora di caricarmi in spalla il maledetto zaino e cominciare a camminare. Io che a casa mi sveglio bradipo e ci metto ore ad essere pronta ad affrontare la società. Io che avevo un sacco di paure legate ai problemi muscolari e al mio ospite silenzioso, il fuoco di Sant’Antonio, che ho portato a spasso per la Spagna senza particolare difficoltà, ricordando anche di prendere sempre in tempo l’antivirale.
Il cammino di Santiago ti regala una grande quantità di tempo di qualità. Giornate che durano tantissimo e piene di eventi, come è impossibile immaginarle a casa.
Svegliarsi al mattino e avere l’unico impegno di cominciare a camminare. Cambiare ogni giorno i piani per il giorno successivo, sempre con la fiducia che nessun contrattempo potrà mettersi di traverso. Godere di ogni istante, dell’ombra di ogni albero, di ogni incontro. Perché il cammino lo fanno soprattutto le persone che incontri e ora capisco perché spesso i pellegrini ripetono lo stesso percorso più volte. Non è il panorama diverso a rendere diverso ogni cammino verso Santiago, ma le persone che incontri, con cui crei dei legami o che semplicemente saluti ogni giorno, vedendo di volta in volta le loro ferite guarire, le fasciature sgonfiarsi e i sorrisi riappacificarsi.
Le persone che ho incontrato erano tutte persone straordinarie, forse perché qui ci si prendeva il tempo di conoscersi o semplicemente perché il cammino tira fuori il meglio di ogni uno di noi. C’è voglia di comunicare, di condividere i propri pesi, le proprie sfortune ma anche la propria allegria. C’è voglia di sorridere e ci si sente uniti in un unico flusso che si sposta compatto verso la meta. Ogni pietra che ho calpestato è stata pestata migliaia di volte da altrettante persone che andavano nella stessa direzione, ogni traccia lasciata sul cammino è stata posta da chi prima di me in quel luogo ha abbandonato qualcosa, un pensiero, un dolore, una confessione, sotto forma di un sasso, di una targa, di una scritta, di un ramo spezzato o di un paio di scarpe abbandonate su un cippo che indica i chilometri mancanti a Santiago. Impossibile sentirsi soli, impossibile pensare che non ci sia uno scopo in tutto questo.

Ricordi, foto e messaggi lasciati in un punto del cammino.

La birra del pellegrino, centinaia di bottiglie sul muro di un punto di ristoro, ogni una con una dedica.
E’ un modello di società straordinario, dove stato e data di nascita non hanno più importanza. Non si chiede più: ”quanti anni hai?” o “di dove sei?” ma solo “ da dove hai iniziato?” perché l’unica esperienza che conta è quella fatta sulla strada. Si diventa tutti di un’unica nazionalità, solo adesso ho capito fino in fondo cosa si intente con “cittadini del mondo”. Ricchezza e povertà non hanno più importanza, perché al pomeriggio ci si trova tutti a lavarsi le mutande in ostello. O per chi all’ostello preferisce l’albergo ci si trova comunque a mangiare tutti insieme il “menù del pellegrino” a 10€. E anche il ricco ha la maglietta ugualmente e indelebilmente macchiata come la tua!
Al mio ritorno è stato uno shock ritrovarmi improvvisamente in un mondo privo di empatia e di voglia di conoscersi. Ed era il mondo che avevo lasciato pochi giorni prima, non era peggiorato nel frattempo. Scoprirmi tra la folla e vedere che le persone evitavano il mio sguardo, mentre poche ore prima ogni contatto era fonte di una nuova amicizia o comunque di un saluto, di un come stai. Capita di pensare che persone che hai conosciuto per poche ore sul cammino ti riservano un calore rivedendoti tra la folla a Santiago che non troverai mai nella “vita normale”.
Durante il cammino le persone che incontri ti ascoltano. E ti guardano in faccia.
Al punto che molti miei conoscenti non si sono mai accorti che porto l’orecchino al naso. Ce l’ho da quando ho quattordici anni. Una sera l’ho perso lavandomi il viso e gli altri a cena se ne sono accorti subito. Come si sono accorti di quando mia sorella me ne ha prestato uno dei suoi per sostituirlo. È una piccola cosa ma per me è stato il chiaro esempio di come sono diversi i rapporti che nascono sul cammino di Santiago, dove non c’è il pudore che ti impedisce di guardare in faccia apertamente qualcuno che conosci poco, o l’educazione che ti impone di non entrare come un caterpillar nella vita degli altri. Un mondo più semplice, più pulito, dove le amicizie nascono come quando eravamo bambini, come quando tutti insieme nella vasca della sabbia al parco neanche ci si presentava, si cominciava subito a fare insieme castelli e a salvare principesse.
Comunicare è spesso difficile perché devi farlo in una lingua che non è la tua e spesso devi farti capire da persone di diversa nazionalità contemporaneamente, magari ascoltando in una lingua e rispondendo in un’altra. Ecco perché non si sprecano le parole e si dicono solo le cose importanti. Ed ecco perché quando parli gli altri si fermano per sentire cosa hai da dire, perché sono sicuri che quello che dirai è interessante o anche solo per ripagarti dello sforzo mentale di cercare di costruire una frase corretta quando tutto il tuo corpo è impegnato nel continuare a camminare e portarti alla fine della tappa.

Pellegrino solitario.
Molti cercano nel cammino di Santiago la solitudine, il tempo e il modo di conoscere sé stessi. Nel mio caso è stato l’esatto contrario, perché di solitudine nella mia vita ce n’è fin troppa. L’ho cercata e fortemente voluta questa quotidiana solitudine, ma dopo essere tornata e essermi ritrovata a consumare il primo pasto da sola dopo molti giorni in compagnia, nella mia casa silenziosa ho pianto davanti ad un piatto di ottimo pasticcio di carne. E ho rimesso in discussione tutto.

Lo stupendo lago artificiale di Portomarin.
Una volta mi è stato detto che la vita insegna in due modi: attraverso l’amore e attraverso il dolore. Sul cammino di Santiago sai per certo di trovarli entrambe ed in tante forme e grandi quantità.
Il dolore è quello quotidiano del tuo corpo che per quanto tu sia allenato non può essere preparato a sostenere tante ore di marcia con lo zaino sulle spalle, ma è anche il dolore dei tuoi carichi emotivi e delle tue paure, che troverà il modo di farsi spazio mentre sei troppo impegnato a rimanere in piedi. Ed è il dolore degli altri, quando trovano il coraggio di condividere il motivo o il trauma che li ha portati li e le loro lacrime diventano le lacrime di tutti quelli che stanno ascoltando.
Ma poi c’è l’amore. L’amore è ovunque.

Una famiglia in cammino. Mamma e papà si sono tenuti per mano per tutto il tempo in cui sono rimasti nel mio campo visivo.
L’amore è in ogni sguardo, tra chi si è conosciuto qui e magari non ha nemmeno un futuro davanti e tra chi invece qui si è riscoperto. Nelle nuove amicizie, che diventano più salde delle amicizie storiche. In ogni gentilezza che ci si scambia, perché diventa la normalità. In ogni stretta di mano, in ogni battuta per sdrammatizzare una salita, in ogni brindisi alle cose belle della vita. In chi ha deciso di cambiare il mondo, e di farlo una persona alla volta, dedicando la propria vita a raccogliere le storie degli altri per creare un mondo più sensibile e più umano.
E tanta bellezza… quella bellezza che ti fa passare la rabbia quando non ce la fai più e ti chiedi cosa ci sei venuto a fare. La bellezza di una natura splendida che ti accompagna quando sei triste in lunghi sentieri fioriti.
I piccoli villaggi dove i cani ti inseguono e le mucche ti salutano (e il pastore ti grida contro!) e gli anziani ti rincorrono per indicarti la via se guardando in giro sei rimasta incantata e hai perso la giusta direzione.

L’ombra del campanile di una piccola chiesa.

Rincorse da un gregge di pecore e mucche e da un pastore urlante.
E la bellezza di quell’ultimo giorno, camminando verso il mare tra i boschi, i fiori e le spiagge che ogni tanto apparivano alla nostra sinistra.

Un anomalo bassotto in cammino…

Campi di patate in riva al mare. Quasi a Finisterre.
La bellezza dei tramonti a Muxia e a Finisterre, un regalo incredibile.
La certezza che tutto sarebbe andato bene, che ogni cosa si sarebbe incastrata alla perfezione.
Se richiamo alla mente quei momenti sento l’odore dei boschi di Eucalipto, il vento tra le foglie e le cicale che cantano.
Sento il sole sul viso, l’aria in faccia e un senso di libertà mai conosciuto.
Sento l’eco delle nostre risate e vorrei tanto continuare ad essere quella persona.
Ci proverò, promesso.
Ciao, bell’articolo. Penso già da un po’ di tempo al Cammino di Santiago, specialmente dopo aver visto l’omonimo film. I rapporti che si creano con le persone, che tu hai descritto molto bene, sono proprio la cosa che mi fa tornare spesso in testa il cammino. 🙂
Un saluto, Ale
Ciao Alessandra!
Vedrai che non ti pentirai dell’esperienza del Cammino di Santiago. In ogni caso, comunque vada (e per ogni persona è un percorso completamente diverso), conoscerai un nuovo lato di te e di solito è proprio la parte migliore che viene fuori!
In più avrai un posto sicuro dove potrai rifugiarti sempre: camminare con te stessa. Potrai farlo ovunque e ogni volta che ne sentirai il bisogno.
Questo è un enorme regalo!
In bocca al lupo!