Prime impressioni dalla Norvegia, il paese dei letti separati e dei bagni condivisi
Queste parole le ho scritte quando ero ancora in viaggio, in parte sul volo di rientro da Oslo, in parte sul tavolo di un rorbuer affacciato su un mare in tempesta. C’è la stanchezza, c’è l’attesa, c’è anche un po’ di rabbia. E poi… è cambiato tutto.
In questo post vi parlo di quello che è stato questo viaggio per me, per tutte le informazioni utili su come organizzarsi, com’è veramente la Norvegia oltre a tutto quello che c’è da sapere sull’aurora boreale arriveranno i prossimi post.
Non vi spaventate di quello che leggerete. Non è più freddo dell’Italia in questi stessi giorni, anzi, la temperatura non è quasi mai scesa sotto zero. I contrattempi accadono in viaggio, ma non rinunciate a partire per paura del maltempo o del freddo o della fatica.
Come dico nel titolo i piedi ghiacciati comunque sono inevitabili, per gli occhi rossi… fate che siano per la felicità! A volte basta un attimo per ripagarti di tutto.
Comincio dalla fine, dalla parte che ho scritto in aereo.
Lo so, sono strana.
Sono sul volo di rientro dalla Norvegia, un viaggio che è sembrato lunghissimo anche se è durato sullo pochi giorni.
Pochi giorni che hanno richiesto tante energie, innumerevoli e lunghissimi spostamenti, poche ore di sonno e tanti pasti saltati per non perdere le poche ore di luce.
Viaggiare in Norvegia a gennaio non è facile e non è comodo. Serve molto tempo a disposizione e molti soldi. E ogni volta che consumi le poche ore di luce di una giornata chiusa in un aeroporto ti mangeresti le unghie fino ai polsi.
La Norvegia è un posto strano. Forse il paese più costoso in Europa, di sicuro uno dei più ricchi. Un paese ricco ma dove ho visto poche persone felici. Sono gentilissimi i norvegesi e hanno il dono di vivere in una delle nature più belle che abbia mai visto.

In alcuni punti il mare ghiaccia e tutto diventa ancora più scenografico. Qui la temperatura era di 2°, lo so, sembra impossibile!
I fiordi, il colore verde dell’acqua e le montagne che vi si tuffano, spesso ammantate di neve. Le renne che ti attraversano la strada e le orche che arrivano a nuotare quasi a riva. I rossi rorbuer (capanne di pescatori) che trasformano una foto che sembra in bianco e nero in un quadro in cui la sapiente mano di un pittore ha dato quell’unica pennellata di colore che da sola da senso a tutto. Quanti posti possono vantare tanta unicità?
Ma i norvegesi sono strani. Dormono in piccoli lettini singoli, che al più possono affiancare tenendo separate le coperte, ma condividono i bagni in quasi tutte le strutture ricettive. Da un lato apertura, dall’altro il bisogno di mantenere una certa distanza.
Vivono in un luogo dove in estate la luce dura 24 ore. E alle finestre hanno solo le tendine. Norvegesi, dobbiamo fare due parole sulla qualità del sonno.
In realtà non ne ho visti molti norvegesi. Entrano in una specie di letargo da notte polare e difficilmente ne incontri per strada, se non nei locali di Oslo.
Il bilancio del mio viaggio se contassero solo i numeri:
- 6 giorni ( in realtà il primo con partenza in serata, quindi 5 giorni pieni)
- 4 voli
- 3 treni
- Quasi 1000 km con una macchina a noleggio
- 4 luoghi diversi dove dormire
Sembra tanta roba in 5 giorni e lo è.
Trovarsi in piena emergenza meteo al di sopra del circolo polare artico non è uno dei racconti di viaggio che si sentono di solito ed è un’esperienza che al momento ci ha lasciati spiazzati e delusi. Ora che ho voglia di riderci su mi rendo conto di aver fatto tanto rumore per nulla.
Da qui invece inizia la parte che ho scritto sul tavolo di quel meraviglioso rorbuer, a palafitta sul mare. La neve/mista grandine/mista pioggia sferzava le finestre.

La vista dalla mia finestra mentre scrivevo (qui il tempo era leggermente migliore!)
Inizia così, senza né buongiorno né buonasera:
E’ stata una lezione di umiltà.
Da bambina un professore mi ha detto che io ho un’idea molto precisa di come dovrebbero andare le cose e se non vanno così mi arrabbio. Ma non una semplice arrabbiatura che ti passa in un attimo.
Tuoni, fulmini e saette.
Terremoto Traggedia (da Attila flagello di Dio che anche se si tratta di barbari e non di vichinghi mi sembra oltremodo calzante con l’argomento).
Non lo so se ci aveva proprio preso o se sono io che sono rimasta intrappolata in questa definizione, fatto sta che il tempo gli ha dato ragione.
Avevo pianificato tutto. Mi ero fatta mille film di come sarebbero andate le cose.
E invece niente è andato come doveva.
Lo stato ha chiesto alle persone di rimanere nelle case e non uscire se non necessario, tale era la situazione meteo.
E noi qui, con un piano di marcia di circa 300Km al giorno, insindacabile visto che gli hotel erano già pagati (non rimborsabili per risparmiare nella costosissima Norvegia).
E quindi ore e ore in auto nell’apocalisse.
Ma chi altro può dire di essere stato su un ponte altissimo che unisce due isole in mezzo ad una bufera di neve, sopra una lastra di ghiaccio e con vento a quasi 60Km/ora? Con le ruote chiodate puoi fare qualsiasi cosa, ora lo so!
Ho gridato, ho pianto, strepitato. Ho imprecato contro tutti gli dei del Walhalla ogni volta che tentavo di scendere dalla macchina.
E non è servito a nulla.
Fino a che mi sono rassegnata e ho deciso di fare una passeggiata a piedi ed era come se mi tirassero pallini di ghiaccio in faccia con una fionda gigante.
Fino a che abbiamo bevuto il pessimo vino dell’Ice bar di Svolvaer, nelle Lofoten, mentre le falangi dei piedi mi diventavano blu (ma come mi è venuto in mente?!).
Ecco, lì ho mollato.
Ho mollato la delusione per non aver visto orche capodogli e balene, troppo maltempo per uscire in mare e a poco sono serviti i 500 km in macchina per arrivare nel punto più vicino al passaggio delle balene.
Ho mollato la tristezza per non aver potuto andare nella spiaggia di Bleik e aspettare che un puffin distratto mi si posasse vicino.
Ho mollato l’amarezza per aver la sensazione di aver perso tutto questo tempo e questi soldi e a quello a cui dovrò rinunciare a causa di questo viaggio.
Ho mollato la vergogna di essermi fatta tante aspettative, di averle dette ad alta voce e che qualcuno mi avesse anche sentito.
L’umiliazione di quando mi chiederanno: “Com’era l’aurora boreale?” e io non potrò rispondere.
Qualche volta le cose vanno così. Contro i tuoi piani e i tuoi sogni, anche quando fai tutto il possibile.
Anche quando tra te e l’aurora c’è solo una nuvola di mezzo.
Qui finisce la parte che ho scritto quel giorno. E poi?
Quando ho mollato e ho smesso di essere furiosa è come se anche il cielo si fosse placato.
E proprio quella sera, dopo aver scritto queste parole è successo un evento strano.
Anche se sapevo che il cielo era completamente coperto ho messo la tutta da sci, le scarpe, il cappello, i guanti, preso la macchina fotografica e sono uscita.
L’ho fatto ogni mezzora, dalle sei alle due di notte di ogni notte passata sopra il circolo polare artico.
Ho scattato una foto a caso ai rorbuer e l’ho guardata distrattamente. Ne ho scattata un’altra, sempre senza impostare la macchina e mentre chiamavo il mio compagno perché venisse a vederla l’ho guardata anch’io.
E lei era lì. In un buco 4mx4m tra le nuvole c’era l’aurora boreale.

Il cielo per un attimo si è aperto e l’aurora boreale si è affacciata. Quella sera era enorme, occupava almeno metà cielo, ma a causa delle nuvole siamo riusciti solo ad intravederla.
Ho cominciato a gridare. Lui è corso per vedere se stavo male. L’aurora era già sparita, le nuvole si erano richiuse.
Non sai quanto veloci possono correre le nuvole finché non hai subito l’assalto dei venti artici.
Per tutta la notte l’ho intravista tra le nuvole, lievi bagliori verdi dove le nubi erano più sottili.
Quel momento è stato solo per me, per mostrarmi che per quanto sia difficile la ricompensa arriva. Che devo smetterla di strepitare come una bambina, le vecchie definizioni ormai non mi si addicono più.
Il giorno successivo è stato stupendo e ci ha ripagato di tutto quello che abbiamo patito prima. E quella sera l’aurora è tornata a trovarci, insinuandosi tra le nubi, in una notte di quasi luna piena.
Certe volte basta veramente un attimo e sei ripagato di tutto.
Il 2017 è iniziato con una bella lezione, di umiltà e di realismo. Probabilmente ne avevo bisogno.
Ho scritto tutto sull’aurora boreale in questo articolo.
Ciao !!!
lo so il nord del mondo può metterti a dura prova dal punto di vista meteorologico, ma vedrai che riguardando le foto o i video anche dei momenti più difficili, ti sfuggirà una gran bella risata mista a malinconia. A me succede così, forse perché la routine quotidiana è avara di emozioni, e quei momenti che lì sembravano ingiusti e imprevedibili dopo un pochino ci mancano pure
A presto !!
E’ vero!!! In macchina dicevamo: “Un giorno ne rideremo… magari tra qualche anno… ma succederà” e quel momento è già arrivato!
Alla fine ogni ricordo è un buon ricordo, voglio far tesoro di ogni emozione.
E quelle foto buie guardate ora hanno già tutto un altro sapore…
Io in 3 giorni nemmeno attraverso le aperture delle nubi sono riuscita a vederla. Mi sembrava di averla persa bene ma a furia di leggere i racconti di tanti mi sembra di essere l’unica che non è riuscita a vedere l’aurora =(
Mi ero anche io fatta mille mila film di come potesse essere, mai avrei pensato di trovare 4 giorni di nuvoloso fisso dalle 18.00 alle 7 del mattino con neve e pioggia! Come se qualcuno ce l’avesse con me =(
Tornerò in Norvegia, spero il prossimo anno, sperando di essere più fortunata!