Quello che resta dopo un viaggio in India
L’ India mi ha sconvolta, affascinata, spettinata, affamata e fatta riflettere. Pensavo di non essere pronta, invece a quanto pare lo ero, anche se credo che totalmente pronti per l’India non lo si sia mai.
Ho scelto questa immagine per rappresentare l’India per lo sguardo ed il saluto di questa donna, incrociata a Varanasi. Se l’India fosse una persona avrebbe questi occhi pieni di storia e questa espressione dolce e compassionevole.
Siamo entrati in India a poco poco, cominciando dalla Delhi bene, quella turistica, passando poi alla affascinante Jaipur, del colore dell’alba, fino alla contorta Agra con il gioiello del Taj Mahal, e poi giù nell’India più profonda del Madhya Pradesh fino a Varanasi nella sacralità del Gange.
Ogni giorno ci allontanavamo di più dal conosciuto, da quello che la nostra esperienza ed educazione ci hanno insegnato come corretto, logico, funzionale.
Ogni giorno ci conoscevamo di più, messi alla prova dalla stanchezza e dai nostri corpi che ci tradivano cadendo sotto i colpi della carica batterica di tutto quello che è India!
Ho avuto la fortuna di trovare dei formidabili compagni di viaggio. Impossibile non sorridere pensando alle nostre mille avventure e a come le abbiamo superate tutti insieme, dandoci il turno nella sventura e nel sostenerci, una volta per ciascuno. In fondo se ci siamo trovati tutti su un pulmino in India a capodanno vuol dire che eravamo prima di tutto affetti dalla stessa straordinaria follia.
Pochi giorni che sono sembrati tantissimi, talmente erano pieni di avvenimenti, di luoghi e di persone conosciute.
Pasti saltati e poche ore di sonno, che diventano niente rispetto al gusto della vita, quella vera.
Tutti quei momenti in cui ci dicevamo: “Un giorno ne rideremo, ne sono sicuro”. E quel giorno è arrivato e adesso ridiamo del treno, degli esorcismi, delle malattie, della maledizione di Durga… ma ve le racconto un po’ alla volta le nostre avventure.
L’ India ce l’ho ancora addosso, la vedo ogni volta che tocco qualcosa con la mano sinistra coperta da un disegno fatto con l’hennè dalla proprietaria della guest house che ci ospitava a Varanasi. Fatta sulla stuoia in cui dormiva con tutta la famiglia nella sala comune. Quanto mi era sembrato strano quando siamo arrivati vederli li a terra mentre noi potevamo stare nei loro letti.
L’India la sento ogni volta che assaggio qualcosa e mi sembra tutto così buono. E non dipende dal fatto che la cucina indiana mi aveva stancato. È come se tutti i miei sensi si fossero acuiti, i sapori sono più forti, i profumi sono più forti, i tessuti sembrano più morbidi e i suoni più nitidi. Mi ha insegnato l’India a prestare attenzione a tutto quello che avevo sempre dato per scontato. Spero di riuscire a mantenere questo dono a lungo e mi sforzerò di farlo.
[Se mi cercate sono quella vicina allo stendibiancheria che annusa l’ ammorbidente (dono ricevuto la notte del treno!).]
Perché ogni giorno ci arrivava un dono. Una volta è stato un pacchetto di Pocket Coffee sul pulmino, che per un attimo ci ha ridato il sapore del vero caffè. Un’altra volta una scatola di cioccolatini, quando ormai non ci pensavamo neanche più, così buoni in mezzo a tutto quel cibo speziato.
Sul treno è stato quel sacco lenzuolo che sapeva di ammorbidente, in mezzo alla polvere e all’odore di umanità. Ce lo passavamo religiosamente facendo un tiro a testa, senza esagerare. Quando si parla del potere delle piccole cose.

Colori e povertà. Amber Fort, Jaipur
L’india mi ha mostrato palazzi splendenti e estrema povertà.
Strade impraticabili e templi ordinatissimi.
Animali liberi e uomini in gabbia (noi, a Balaji!).
Mi ha scioccato con i crematori di Varanasi e commosso con la bellezza del Taj Mahal.
Mi ha stupito con il clima freddo e la nebbia quando mi aspettavo che sarei stata al caldo.
Niente dell’India ti lascia indifferente. Niente dell’India può essere dimenticato facilmente.
Quante volte ci siamo sentite dire in questi giorni: “Non sai quanto sei stata fortunata a nascere donna in Europa e non in India”.

Donne a Jaipur
In questo paese il 98% dei matrimoni è ancora organizzato dalle famiglie e seppure sia illegale conoscere il sesso di un nascituro, ci sono ancora cliniche che praticano aborti nel caso in cui il feto sia femmina. Lo fanno perché la dote per il matrimonio rovinerebbe la famiglia.
Eppure c’è anche chi si sposa per amore. E ho visto padri guardare con adorazione le proprie bambine.
L’India sta cambiando, ma fa fatica a tenere il passo con il resto del mondo. Cresce in modo smisurato e nel 2025 avrà più abitanti della Cina. Eppure la vita sembra valere così poco negli slum delle città.
E’ un luogo di grandi contraddizioni con un unico grande filone che tiene tutto unito: la religione.

Sadu a Orchha
Induisti, musulmani, cristiani, jainisti, sikh… sono tantissime le religioni che coesistono in India, non sempre pacificamente. Ma non ho visto una porta senza un Ganesh che auguri buona fortuna a chi la attraversa, in un senso o nell’altro.
In definitiva quest’India mi ha lasciata confusa, ma felice di essere nata in Italia, che con tutti i difetti che ha è pur sempre la terra che mi ha offerto tante possibilità, tante scelte, come quella di studiare, di scegliere che lavoro fare e di scegliere di non sposarmi e non avere figli, impensabile in altri posti del mondo.
E mentre infuria la polemica sui sacchetti da 2 centesimi al supermercato, un po’ sorrido sotto i baffi pensando a tutto quello che ho visto negli ultimi giorni e ringrazio che sia questo il problema da affrontare.
Avrei altre mille cose da dire ma, come mi piace fare quando torno da un viaggio, ve lo racconto con un pezzo del mio diario, scritto sul pulmino che ci portava verso Orchha. E’ quanto di più autentico posso offrire:
“E’ difficile scrivere sul pulmino perché l’unica cosa che vorrei fare è guardare fuori e riempirmi gli occhi di questa terra rossa e dei piccoli villaggi pieni di vita e dei sari colorati che le donne tengono stretti attorno al viso.
Siamo in viaggio attraverso le campagne indiane e scende un lento e denso crepuscolo.
Il clacson suona continuamente, ad avvisare le buche del nostro arrivo e io rimango sola con i miei pensieri.
Ci sono momenti in cui la Potenza di quello che ti sta intorno ti investe con una tale energia che non ti rimane che restare immobile e lasciarti travolgere.
E non sono momenti di caos o confusione. Sono momenti di assoluta quiete e chiarezza.
Fuori il buio è illuminato ogni tanto dai fuochi attorno a cui gli uomini si radunano in cerchio per scaldarsi.
Penso all’assoluta semplicità della vita di quelle persone che per un attimo stiamo attraversando e che ci vedono solo come un pulmino arancione che sfrecciava nella notte evitando, o almeno provando ad evitare, i crateri in mezzo alla strada.
Nel pulmino con i vetri appannati distinguo appena il rosso del fuoco tra le gocce di condensa. Alzando gli occhi vedo un bagliore più intenso, la luna quasi piena che illumina tutto dall’alto.
Pulisco con le dita un piccolo spazio sul vetro e ci metto dentro quella luna enorme, nitida in mezzo ai margini confusi di tutto il resto.
La potenza di questo momento, di questo luogo, di questa luna indiana, la porterò sempre con me.”
Namaste.