Maximum-Quota, l’impresa da record di Paolo Venturini in Ecuador
Ci sono viaggi fatti per scoprire il mondo e ci sono viaggi fatti per scoprire se stessi. E poi ci sono quelli in cui scopri il mondo e te stesso.
E ci sono persone che hanno il dono e la voglia di superare i limiti umani, per dimostrarci che veramente “I can”. Oltre la definizione di “sportivo”, oltre la necessità di battere un record.
Oggi vi parlo di un uomo che grazie alle sue caratteristiche fisiche, la preparazione adeguata, il team che lo accompagna e soprattutto una forza di volontà ben oltre la media, riesce in imprese che sono impensabili anche agli sportivi più preparati. E che per farlo gira il mondo.
Vi parlo di Paolo Venturini, Ultra runner padovano, appartenente al gruppo di atletica leggera delle Fiamme Oro e Assistente Capo della Polizia di Stato. La sua particolarità e il perché centri qualcosa in un blog che parla di viaggi è che non si accontenta di correre maratone e partecipare a competizioni, lui insegue i sui limiti affrontando i deserti più caldi e le montagne più alte del mondo, in cerca delle condizioni più estreme in cui il corpo umano dovrebbe secondo logica non funzionare più!
Le sue imprese si sono svolte in Africa, in Australia, in Nuova Zelanda, in America. La lista di record, vittorie e piazzamenti nelle più importanti competizioni mondiali del settore è lunghissima.
Una delle sue ultime grandi avventure, datata dicembre 2014, è l’ascesa del Chimborazo, il vulcano più alto dell’Ecuador (6310 m) con la cima che è il punto sulla crosta terrestre più distante dal centro della terra, ancora più dell’Everest visto lo schiacciamento della terra ai poli e la sua posizione a soli 2° sotto l’equatore (Focus ve lo spiega meglio).
E come poteva complicare un’impresa già di per se complicatissima? Partendo dal livello del mare, sulla costa a Guayaquil, correndo per quattro giorni un totale di 231 Km in condizioni climatiche e ambientali al limite delle possibilità umane. Il tutto senza riposo né acclimatazione d’altura, senza medicinali né ossigeno artificiale.
E’ difficile rendere la portata dell’impresa, quelli che vi ho detto sono solo numeri, quote e chilometri che non fanno una reale impressione se non hai una percezione delle distanze allenata.
Non lo capisci completamente finché non vedi Maximum Quota, il docu-film pluripremiato che racconta l’impresa e le persone che vi hanno preso parte.
Finché non lo vedi con i tuoi occhi correre per le trafficatissime strade dell’Ecuador tra smog e carcasse di animali, inarrestabile.
Lo vedi intossicarsi con i gas di scarico e affrontare temperature e livelli di umidità inaccettabili anche per svolgere normali attività, e lui corre. Per centinaia di chilometri.
Vedi che non riesce ad idratarsi a sufficienza, né ad alimentarsi correttamente a causa del caldo che gli chiude lo stomaco.
Ti emozioni vedendolo affrontare in un giorno un dislivello di 2700 m in 51 Km attraverso una nebbia con il 99% di umidità, ma trovare il tempo di fermarsi ad osservare una pianta o un insetto. Perché non gli passa la curiosità, neanche quando è allo stremo delle forze.
Vedi la popolazione ecuadoriana corrergli incontro e accompagnarlo nel suo passaggio, attirati da questo atleta un po’ pazzo che ha deciso di scalare il simbolo del loro paese. Il vulcano Chimborazo è talmente importante in Ecuador da essere rappresentato al centro della loro bandiera e scalarlo è l’obiettivo della vita di molti ecuadoriani. Per questo l’impresa ha avuto molta risonanza in Ecuador e le persone attendevano il suo passaggio. Le forze di polizia ecuadoriane lo accompagnano e si occupano della sicurezza di tutta la spedizione, addirittura un poliziotto corre con lui alcuni tratti.
“Maximum quota” non è solo un reportage di quanto è successo in quei giorni e in quei 231 Km. E’ anche un documento che ci parla di un popolo e di uno stato che conosciamo molto poco e lo fa con una delicatezza e una sensibilità che non mi aspettavo. Immagini di paesaggi bellissimi si alternano ai visi delle persone incontrate e alle caotiche città.
In una delle mie scene preferite si vede Paolo camminare in salita in una strada asfaltata in mezzo ad una fitta nebbia, proprio perché Il Chimborazo secondo gli ecuadoriani è il posto in cui si creano nuvole. Ad un tratto una mandria di lama (o meglio Vicune) irrompe nella monotonia della nebbia e attraversa la strada pochi metri avanti a lui.
In un’altra sequenza interrompe la sua marcia per osservare un colibrì tra i cespugli. E’ stupito del fatto che riesca a volare a questa altitudine, alla quale nemmeno il drone della produzione riesce ad alzarsi a causa dell’aria troppo rarefatta. Si chiede a quanto batterà il cuore di quella piccola creatura per permettergli di volare in queste condizioni.
Mi aspettavo di vedere un’atleta, un’impresa, non di certo di trovarmi davanti una persona talmente innamorata del mondo da rompere la marcia per apprezzare ogni particolare del suo viaggio.
ATTENZIONE SPOILER! IO SAPEVO GIA’ COME SI ERA CONCLUSA L’IMPRESA, E’ NOTO PER CHI LO SEGUE, MA SE VOLETE VEDERE “MAXIMUM QUOTA” SENZA SAPERLO ALLORA FERMATEVI QUI.
IL MIO CONSIGLIO E’ DI PROSEGUIRE NELLA LETTURA, SAPERE COME VA A FINIRE VI FARA’ APPREZZARE DI PIU’ TUTTO IL PERCORSO.
Le crisi si susseguono lungo il percorso, dall’intossicazione da smog all’ipotermia quando le temperature si abbassano. La pioggia e l’ipossia quando l’altitudine diventa importante. Affronta l’ultima ripida salita senza essere sufficientemente idratato e alimentato e con pochissimo riposo.
La temperatura scende a -25°C e in mezzo ad una tempesta di neve e vento l’atleta è costretto a rinunciare a soli 800m dalla cima.
O meglio: l’impresa sarebbe riuscita perché l’inarrestabile forza di volontà lo avrebbe portato in cima, a discapito del corpo ormai esausto, ma le guide che lo accompagnavano sono riuscite a farlo riflettere sul fatto che con molta probabilità non sarebbe più riuscito a scendere. Le operazioni di recupero sul Chimborazo sono impossibili vista la natura del terreno vulcanico e dell’altitudine che non permette il volo dei normali elicotteri.
La ragione ha dovuto vincere sull’orgoglio e sull’ambizione. L’amore per la vita ha vinto sulla paura di tradire le aspettative di così tante persone.
E’ arrivato alla quota di 5500m compiendo ciò che nessun altro uomo al mondo era mai riuscito a fare. Un record che rimarrà suo fino a che lui stesso non deciderà di superarlo.
Riesce a fatica a ridiscendere al campo base a 4800m rischiando più volte la vita e solo allora si rende conto di non aver raggiunto il suo obiettivo. Lo sconforto e lo sfinimento al momento sono evidenti ma ad oggi non c’è traccia di rimorso o ripensamenti.
I giornali locali appena era rientrato titolavano “Ha vinto il vulcano”.
Forse dovemmo rivedere la nostra definizione di vittoria.
Se ci si propone un obiettivo inarrivabile, impensabile e mai tentato è giusto parlare di sconfitta?
Se nel tentare di conseguirlo si registra un record mondiale è comunque un fallimento?
Se arrivare in cima gli fosse costato la vita sarebbe stata una vittoria?
Ho imparato diverse cose da “Maximum Quota” e mi sono fatta diverse domande.
La prima: quando vado in Ecuador? (Lo so, sono incorreggibile!)
La seconda: quando è stata l’ultima volta che mi sono sfidata a fare qualcosa che non ero sicura di poter fare? Quando mi sono posta un obiettivo oltre i miei limiti? Ho mai rischiato veramente qualcosa o sono rimasta trincerata nei limiti del mio “Ti piace vincere facile”?
Perde chi rischia. Sbaglia chi ci prova.
Ma quando si fallisce perché ci si spinge oltre i propri limiti secondo me si vince comunque. Ogni volta che spostiamo l’asticella di dove possiamo arrivare un po’ più in su abbiamo vinto su noi stessi.

Paolo Venturini presenta “Maximum Quota” al pubblico durante la manifestazione “Suoni Patavini”
Ho imparato che il coraggio di cambiare idea e il rispetto per il proprio corpo, anche quando ha delle qualità così irraggiungibili come quelle che ha di Paolo Venturini, sono più importanti di un risultato sulla carta.
Ho imparato che essere infallibili è impossibile, può solo voler dire che non si è mai provato a fare qualcosa di straordinario. Voglio provare io stessa a prendermi più rischi e a tentare un mio personalissimo epico fallimento, per essere orgogliosa di averci provato anziché paga di non aver fallito mai.
C’è chi vede solo “bianco” o “nero”. Chi vede solo “vinto” o “perso”.
Io voglio stare dalla parte di chi scala le montagne, anche se è costretto a fermarsi ad un soffio dalla cima.