E pensare che ad Hoi An neanche ci volevo andare.
E’ proprio così. Non avrei dovuto andarci ad Hoi An. Il tempo è poco, era necessario un volo interno in più rispetto a spostarsi direttamente da nord a sud. E poi che sbattimento: tutto questo casino e questi trasferimenti per restare neanche due giorni e poi le foto che ho visto neanche mi hanno entusiasmato, chi me lo fa fare?
In qualche modo.. l’universo me lo ha fatto fare! Cambiare l’itinerario eliminando Mui Ne al sud, le spiagge e le dune gialle e rosse a cui tanto tenevo per andare in un posto che neanche tanto mi convinceva. A questo link trovi l’itinerario completo del mio viaggio in Vietnam con quello a cui ho dovuto rinunciare.
In effetti è stata la miglior idea avuta quest’anno!
Ci sono posti che anche se non li vuoi ti attirano ed in un certo senso è stata così la mia storia d’amore con Hoi An… all’inizio me la tiravo un po’ e la evitavo. Lei si mostrava in tutti i libri sull’Asia che ho (tanti!) in tutto il suo splendore, io la archiviavo tra i “già visti”, tra i “niente di che”.
E poi ci esci una sera e sboccia la passione!
Così è stato: siamo arrivati alle dieci di sera, il tempo di lasciare tutto in hotel e si parte a piedi per il centro di questa città che l’avevo visto subito che aveva qualcosa di diverso.
Il tempo di mangiare nel primo locale che troviamo e che scopriamo fare solo pizza (anatema!!) ma ormai si mangia li che siamo stanchi. Scoprire poi che la porta un tizio che fa le consegne in motorino e che non è neanche male, a parte che la ragazza che prende l’ordine e non capiva come pronunciavamo i nomi delle pizze, ma è italiano Santo Cielo, lo saprò io come si dice!!!
Poi eccoci a passeggio per una città semideserta, con i locali che chiudono e le lanterne che si spengono. Il fiume che trasporta le ultime lanterne galleggianti in cui le candele vanno lentamente spegnendosi.
Ma già c’eravamo capite. Quell’aria un po’ fricchettona e decadente l’avevo già intuita dietro alle serrande abbassate. Quello spirito bohémien traspariva tra i terrazzi e le strade addobbate a festa, tra gli alberi letteralmente ricoperti di lanterne, tra i ponti colorati e le case antiche, così diverse da quelle del nord del Vietnam che fino alla mattina mi avevano fatto compagnia nei lunghi tragitti in auto.

Le vie di Hoi An.
Il giorno dopo sveglia presto (in realtà era tanta la voglia di scoprire la città che mi sono alzata ben prima della sveglia) ed arriva la nostra guida per portarci a scoprire la città e i dintorni. In cinque minuti siamo al mercato, tra fiori, frutta e cibi impensabili per la colazione, scooter e gli immancabili cappelli a cono.

Uno dei tanti mercati di Hoi An.

Uno dei mercati di Hoi An… dalle galline, ai fiori, alla frutta, ai caschi per il motorino, alle lanterne di seta.. tutto in pochi metri quadri!
In fondo il Vietnam ha un’economia fondata sui mercati, non mancano mai e sono sempre iperpopolati di gente indaffarata e di corsa. Non è un’esperienza rilassante ma è da fare!
Hoi An è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco ed ha una storia molto particolare: era il porto commerciale più importante del Vietnam grazie alla sua posizione sulla foce del fiume Thu Bon, ed era frequentata da commercianti cinesi, giapponesi, olandesi, portoghesi, spagnoli, indiani, filippini, indonesiani, thailandesi, francesi, britannici…potrei continuare.. In particolare giapponesi e cinesi arrivavano in primavera in città con il vento a favore e ripartivano in estate rimanendo in città in attesa che i venti monsonici li riportassero a casa, sono quindi le comunità che hanno lasciato maggiori tracce nella cultura e nell’architettura di Hoi An.

Le barche sul fiume di Hoi An.
Hoi An prosperò finchè alla fine del XIX secolo il fiume si riempì di fango e il porto commerciale fu trasferito a Da Nang, 30km più a nord.
Da allora il tempo ad Hoi An si è fermato. La città è rimasta cristallizzata com’era e grazie anche all’Unesco che ne ha bloccato o limitato lo sviluppo architettonico è arrivata fino a noi quasi intatta. Da Nang invece è diventata una mirabolante città piena di luci al neon e di smanie di grandezza, ma nonostante questo mi ha fatto simpatia entrambe le volte che l’abbiamo attraversata in macchina.

Una delle isole sul fiume di Hoi An.
Anche la guerra americana (non riesco più a chiamarla guerra del Vietnam, la chiamo come la chiamano loro!) ha risparmiato la città di Hoi An. Ho provato a chiedere alla nostra guida, che aveva un’età adatta per esserci stato, qualcosa sulla guerra. Si è limitato a dirci che la città non è stata bombardata, era controllata dagli americani. I vietcong controllavano le campagne intorno e gli elicotteri americani e sudvietnamiti volavano sulle campagne mitragliando ad ogni movimento sospetto. Da come distolto lo sguardo non ho potuto chiedere altro.
Ma torniamo alle cose allegre! Il centro storico è chiuso al traffico (ebbene si: niente motorini e clacson.. che si sfogano però appena fuori dai varchi della zona pedonale in un tripudio di smog e casino). Per visitare la città vecchia occorre munirsi di biglietto (120000dong, circa 5 euro) che permette l’ingresso a cinque siti storici. Anche solo per entrare nella città vecchia vi verrà chiesto il biglietto. Noi lo abbiamo acquistato una volta, poi ogni volta che rientravamo nella zona pedonale ci veniva di nuovo richiesto e bastava dire che lo si aveva già acquistato (i ticket li avevamo già spesi tutti ma la brocure testimoniava a nostro favore). In alternativa potete ripagare, in questo modo sostenete l’Unesco e la città. Secondo la lonely planet il biglietto vale tre giorni, non l’ho letto da nessun altra parte ma mi fido!
Ed eccola qui in tutto il suo splendore: lanterne, fiori, i colori degli edifici, le case antiche, le sale riunioni delle congregazioni cinesi, le spirali d’incenso… da perderci gli occhi e la testa!

Una delle sale riunioni delle congregazioni cinesi.

Le spirali di incenso in una delle sale riunioni delle congregazioni cinesi.

Una delle sale riunioni delle congregazioni cinesi.

Le lanterne di Hoi An.
E nell’ora di massima calura un bel giro in bici fino al mare (10km tra andata e ritorno) tra le campagne e le paludi del delta, passando attraverso la giungla di palme.

Le paludi della foce del Thu Bon.

In bici verso il mare!

Pescatori sulla foce del fiume Thu Bon.
Un giro stupendo, non fosse per il fatto che per una leggerezza ho messo la protezione solare in velocità e solo davanti.. ignorando il fatto che era la schiena la più esposta.. et voilà: ustione su spalle, braccia e dorsi delle mani! E quanto me ne pentirò nei caldi giorni successivi!
E per ristorarci un pit stop per una zuppetta di fagioli con ghiaccio che seppure all’inizio mi ero rifiutata poi l’ho apprezzata molto! Domande da non farsi mai: dove li lava la signora i bicchieri visto che ha solo una pentola con la zuppa, un contenitore per il ghiaccio e sta seduta per terra all’ombra lungo la strada? Ecco, in Vietnam come in tutta l’Asia, meglio non sapere!
Visto che mi sono dilungata fin troppo il racconto della magnifica serata lo rimando a questo articolo sulla notte della luna piena ad Hoi An!