«Insomma… parlaci dell’Islanda…»
Tutto quello che devi sapere per organizzare un viaggio in Islanda non lo trovi in questo articolo. Magari nel prossimo!
Questo l’ho scritto di getto in una notte insonne post serata con gli amici e lo riporto qui così com’è, in tutta la sua sconsiderata confusione. Giusto per dire: 《Sono tornata!》L’islanda me la sono strappata via come un cerotto. Un colpo secco, senza guardare, tenendo la pelle con l’altra mano.
Ho subito distolto lo sguardo da quello che c’era sotto al cerotto e nei giorni seguenti ho ripreso a fare quello che facevo prima, in modo automatico, senza pensare, quasi dimenticandola.
A distanza di due settimane non ho ancora scaricato le foto dalle schede di memoria. Sto lasciando che la mia mente deformi i ricordi ingrandendo e rimpicciolendo questa grande avventura, per poi godermi il momento in cui rivedrò tutto come l’ho registrato, in tutta la sua cruda e maestosa realtà.

Pianure e montagne d’Islanda
Covava sotto pelle intanto questo viaggio in Islanda. Covava mentre piegavo le magliette lavate e mentalmente le ringraziavo per ogni notte in cui mi avevano tenuto al caldo. Ho ringraziato i guanti per avermi protetto le dita dal gelido vento del nord, anche se ho perso tutta la pelle dalle mani, perfino dai palmi.
Mi è scesa una lacrima mentre piegavo quei leggings che ho portato tutti i giorni sotto gli altri pantaloni, perché un freddo così proprio non me l’aspettavo. Magari fossero stati un po’ più lunghi!
Questa mania che ho di trasformare ogni viaggio in emozioni è la mia croce e la mia delizia. È quello che mi contraddistingue e se siete qui già lo sapete, quindi è un concorso di colpa!

Estate al mare 2019
«Si, ma insomma… parlaci dell’Islanda…»
Lo so, sembra facile!
Ai primi che me lo hanno chiesto rispondevo con un laconico: 《 Bellissima… tanto freddo》.
Ma cosa ti aspettavi scusa, i Caraibi?
«No ma sai… le stime previsionali della temperatura, il riscaldamento globale, la Groenlandia che si scioglie… la lapide al posto del ghiacciaio ormai estinto (è successo finché ero lì… non ne ha parlato nessuno!)»
Insomma… faceva un freddo cane e il vento ti tagliava la pelle e ti scoppiava le vene negli occhi.
Adesso che è passato un po’ di tempo ci riproviamo:
«Si…insomma… parlaci dell’Islanda…»
«Grazie per l’interessante domanda. L’Islanda è tanta roba.»
Tanta, grande, abbondante e molto costosa!
È un’isola tutto sommato non molto estesa e poco popolata di esseri umani ( 338.349 nel 2017), ma se c’è un posto in cui puoi credere che gli dei manifestino la loro potenza, quella è l’Islanda.
In una di queste notti insonni ho rivisto la puntata di Vikings in cui Floky il pazzo (nonché costruttore di navi, un vichingo ingegnere insomma) abbandonato dai suoi compagni e disperso in mare approda in Islanda.
Arcobaleni e cascate, cascate e arcobaleni! Gullfoss
Piccolo inciso: il personaggio di Floky in Vikings è tratto da Hrafna-Flóki Vilgerðarson navigatore vichingo che per primo raggiunse volontariamente l’Islanda nel IX secolo.
Nella serie, Floky, pur venendo dalla Norvegia che comunque a livello paesaggistico ha un suo perché, arrivato in Islanda crede di essere approdato nel luogo dove dimorano gli dei norreni. Come dargli torto? La natura in Islanda si manifesta in un modo talmente potente e inequivocabile che il passo che porta al riconoscete la mano divina è breve e quasi scontato.

Donna di razza caucasica infreddolita e in attesa di arcobaleno a Gullfoss. Tanto basta fermarsi un attimo… l’arcobaleno prima o poi arriva!
Giuro che in ogni montagna vedevo visi osservarmi tra i pendii tormentati, a volte benevoli e a volte arcigni e ho avvertito in più di qualche occasione la presenza di qualcosa che non sono riuscita a definire completamente. Non ero spaventata, più che altro ero inquieta. In più di qualche occasione mi sono sentita un ospite in questa terra. Tollerato, ma tenuto d’occhio. Ma qui stiamo andando decisamente fuori tema.
Torniamo a noi.
«Si, ma insomma… parlaci dell’Islanda…»
«Si, certo. Si accomodi.»
Con questo viaggio ho deciso di sfidare tutti quelli che mi hanno detto:
«Per fare tutto il giro ci vogliono due settimane. Se sei fortunato con il meteo e non trovi intoppi potresti farcela in dieci giorni.»
«No guarda, forse non ci siamo capiti: mi chiamo Anna, scrivo Il pensiero viaggiatore e per motivi che non ti sto a spiegare ho a disposizione solo sette giorni pieni (da mezzanotte a mezzanotte). E ti sto parlando dell’Islanda, meglio che ti accomodi che non ho ancora cominciato.»
Dunque:
· sette giorni pieni (ben 10080 minuti)
· Un campervan (Nissan nv200 riadattato a camper) con un poderoso unicorno sul cofano. (What else?) (ma si possono usare tutte queste parentesi?)
· Due persone dai nervi saldi e a dieta
· Una ring road (Hringvegur)

C’è un nuovo sceriffo in città!
Sembra l’inizio di un film horror ma giuro che finisce bene. Anche perché se fosse un film horror la bionda sarebbe stata la prima sacrificabile in mancanza dell’uomo di colore (la trama della maggioranza dei tre film horror che ho visto).
Dunque: Se un uomo e una donna, di razza caucasica, che non introducono carboidrati da quasi tre settimane, salgono su un campervan, motivati a compiere il giro completo di un’isola, potete star certi che niente li fermerà.
Né la pioggia, né il temporale, né il mare mosso. Né le strade sterrate che decidono coraggiosamente di sfidare, né tantomeno le docce dei campeggi, qualche volta a cielo aperto, qualche volta impraticabili. Quei due sanno cosa li aspetta.

Campeggi in Islanda: quando il bagno lo fanno al coperto ma la doccia no!

Se vedi questo cartello non proseguire. Gli islandesi sono molto seri su quello che scrivono sui cartelli stradali. QUESTA NON E’ UN’ESERCITAZIONE!
Riusciranno i nostri eroi a visitare ogni cascata, ogni belvedere, ogni parco, ogni pozza ribollente, ogni geyser, ogni scoglio con foca annessa? Infastidendo nell’ordine: pecore, agnelli, cavalli, puffin, balene, anatre, uccelli e commessi della famosa catena di supermercati discount Bonus e dei distributori N1?

Felici in campervan… per ora!

Gli animi si scaldano quando c’è da muoversi dentro al campervan. Quella colonna arancione sono le mie gambe appoggiate al soffitto.
😁
Scusate, ma mi viene da ridere… questo articolo era partito serio e con le migliori intenzioni e avevo in mente già un finale di grande effetto sul senso della vita, ecc.
E adesso come ce lo attacco?😂😂
Se fossi una scrittrice vera, tutta questa parte la toglierei domani, con la luce del sole e la lucidità che ne consegue. Invece no.
Ho provato ad imparare a scrivere da quelli bravi.
Giuro.
Hanno cominciato a parlarmi di “d” eufonica e “i” prostetica. E che non si inizia una frase con una congiunzione (diamine!). E di quante volte uso la parola “tutto” o le frasi piene di t. Risultato: non ho più scritto. Facile dare la colpa a chi ho cercato io perché mi insegnasse.
La realtà è che il problema sono io.
Sono un grosso grumo di problemi gradevolmente impacchettato.
So che questa frase ha un suono orribile (provate a leggerla ad alta voce!).
Sono abbastanza intelligente da sapere che non si scrive così quando su scrive sul serio.
Sono abbastanza obiettiva da rendermi conto che se provo a scrivere come gli altri sarò solo
una scrittrice mediocre.
Sono sufficientemente realista da ipotizzare che non sarà la scrittura a mettermi i carboidrati in tavola (le proteine costano e io diventerò quasi sicuramente una gattara hippies sgrammaticata e impudente). (Pudica no, quello mai) (La situazione delle parentesi mi è completamente sfuggita di mano.)
Comunque dicono che il successo non fa compagnia, quindi se riesco a staccarvi dai vostri uffici o ovunque vi troviate e a portarvi intorno ad un falò a parlare di Islanda, io già vado a letto contenta. Magari pure a pancia piena.

Uno dei mille tramonti sul lago Myvatn in Islanda
Perché ci ho messo tanto a somatizzare questo viaggio in Islanda? L’ho capito stasera, lavandomi i denti in mutande davanti allo specchio, guardandomi un pezzettino alla volta come se fosse il corpo di qualcun altro (fatelo, è catartico e un po’ brutale).
Forse un flashback di tutte le “lavate di denti” islandesi, con indosso sciarpa e giubbotto, con il gusto solfureo dell’acqua islandese e la fila alle spalle di gente che deve lavare nell’ordine: padelle, denti e calzini. Mi sono guardata obiettivamente e ho visto un corpo con cicatrici, disegni, fossette e morbidezze che non ho mai avuto. Un viso che comincia a segnarsi e una bocca che quest’anno ha sorriso davvero troppo poco.
I segni del tempo e le ferite ricucite. Quelle che mi hanno fatto gli altri e quelle che mi sono fatta da sola. I miei tatuaggi, di cui non mi sono mai pentita. Ho rivisto l’Islanda. La sua storia scritta nelle sue cicatrici, tra bellezze da lasciare senza fiato e ferite profonde.

Arnastapi, la bellissima passeggiata costiera

Passeggiando in Islanda, nella faglia tra due continenti.
C’è tutto: le splendide vallate, i campi di lava tormentati, i vulcani che sembrano quieti ma che dentro custodiscono più energia di una bomba atomica. Le pianure alluvionali su cui scorrono mille e più fiumi, che sembrano pacifiche, ma si sono formate dalle inondazioni causate dalle eruzioni sotto i ghiacciai. Il ghiaino che si forma attorno ai lembi di un ghiacciaio, quando con tutta la forza del suo peso, pur sembrando immobile, erode dalle montagne lo stato superficiale. Il potere dei geyser, che ogni pochi minuti esplodono verso il cielo con la spinta causata dallo stesso peso dell’acqua. Il potere del ruscello che scava la cascata dentro la montagna. La faglia tra i continenti che attraversa l’Islanda e la spacca dolorosamente. Le pozze che ribollono e la terra che fuma perché tutta quella energia deve trovate una via d’uscita.

Hverarönd: l’energia incontenibile della terra!
Ti sei mai sentito così? Per ogni sensazione provata nella vita l’Islanda ha una esagerata manifestazione della natura.
Ghiaccio e fuoco hanno forgiato questa terra in continuo mutamento.E gli arcobaleni? Il tempo cambia ogni dieci minuti: quanti arcobaleni ho visto in Islanda. Ti sei mai sentito come un lago coperto di lava, la cui acqua comincia a bollire e il vapore esplode verso l’esterno cristallizzando bolle nel magma che rimangono immobili per 2000 anni, come se fossero appena esplose? Io si. Mi sono sentita come ogni luogo d’Islanda almeno una volta nella vita. Ne porto addosso le cicatrici e i disegni. Zone morbide e spigoli appuntiti. Mi sono sentita Islanda, mi sono sentita viva.
P.S.: Mi sono sentita anche che non ho bisogno di stare a dieta.